FEBBRAIO

Febbraio abita dove la neve si mescola con le stelle.

All’improvviso mi ritrovo una farfalla diversamente bella davanti al viso. Diversamente bella perchè è una farfalla di febbraio, molto molto difficile da incontrare.

Passeggiando fra i bucaneve, rifletto: Dio è il mio pensiero più bello; la casa è il mio pensiero più semplice. Dall’incontro tra il mio pensiero più bello e il mio pensiero più semplice, nasce la pace.

Infatti non sono tipa da scomodarsi nell’avventura, e non è che io mi accontenti: mi basta.

CARPE BORAM ATTO II

Con le palpebre socchiuse e l’oro zampillante dei sogni ancora in circolo, mi faccio salutare dalla luce di un nuovo giorno. La notte è stata talmente intensa che mi devo riprendere. Ne tento una cronaca, anche se tralascerò i dettagli per una sommaria descrizione, dettagli che tra l’altro forse nemmeno sarei in grado di ricordare e riportare. Comunque comunque, più o meno, è andata così: a un certo punto di una non ben precisata ora della notte, con un piede sgattaiolato fuori dalla coperta a rinfrescarsi, dal giardino, esattamente da sotto il gelso, si sente gridare:”Un treno, un treno, un treno in collinaaaa!”. Poi mi arriva all’orecchio un boato spaventoso, e il tetto tremante di casa viene sconquassato da una valanga d’aria di inaudita potenza. Aiutata dal piede già in pellegrinaggio, mi sollevo a fatica verso la finestra e vedo, sotto il gelso per l’appunto, una coppia di bucaneve spauriti e abbracciati come due Tetrarchi.

“Cos’è stato quel suono pauroso, quasi quasi resto senza cappuccio bianco in testa!”, dice uno, e l’altro risponde:”Sarà stato un treno, un treno in collina”. “ Tu credi, caro amico-fratello, che si tratti davvero davvero di un treno in collina?”, continua il primo, e il secondo ribatte:”Non ne sono proprio proprio sicuro, ma il suono ci assomigliava parecchio!”. Poi, un attimo di tregua.

Passa qualche minuto e di nuovo, dall’alto, dall’orlo del bosco lassù, quello che si sfiora già con il cielo, ecco che arriva un altro sordo boato. Stavolta si piegano gli alberi schiaffeggiati da un vento impossibile, urtandosi a vicenda con i loro rami spogli a far suono di xilofono. “Guarda, guarda il cielo!”, riprende il primo bucaneve”, sono sparite pure le stelle! Aiuto, aiuto, qua è il finimondo!”, mentre l’altro bucaneve, leggermente più razionale, pur nell’attimo di terrore, gli spiega l’accadimento con verba logiche:”Ma no, ma no, sembra: sono i rami agitati del gelso che te le coprono alla vista! Le stelle, lassù, ci sono ancora!”. E i due bucaneve si stringono ancora più forte a darsi conforto.

Da sotto il terreno gelato si ode mormorare qualcosa, qualcuno:” Tranquilli ragazzi, ci sono qua io! Vi tengo stretti per il bulbo, così non volerete via. Nessun treno in collina, nessun finimondo! È solo un ultimo guizzo di bora che se ne va a ferire altrove. Ma credo che ormai il peggio sia passato, quindi animo! La notte è fredda e stellata, e non sarà l’ultima!”. A parlare da sotto terra è la solita talpa che abita questo angolo di giardino dell’Eremhome.

Percependo l’impaurito sgomento dei due fiori, si è diretta al loro salvataggio psicologico percorrendo un tunnel che dal gelsomino si sviluppa verso il muretto da cui spunta il gelso. Questo talpone, pur dalla vita solitaria e schiva, non si astiene mai dall’aiutare chi ne abbia bisogno.

Così i due bucaneve, oramai tranquillizzati dalle parole rincuoranti della talpa e trattenuti dalle sue zampette forti e unghiute, si rilassano con un sospiro di sollievo, sbadigliano intensamente e, diretto lo sguardo verso il cielo, pronunciano all’unisono:” Stelle stelline che l’ultima soffiata di bora non ha portato via, vigilateci da lassù, che da quaggiù c’è il prezioso signor Talpa a proteggerci, e non tremate più neanche voi. Il vento è passato. Buona notte e grazie”. E i due fiori ripiombano in un improvviso sonno ghiacciato tipico dei giorni della merla.

Io mi ritiro silenziosa dalla finestra dalla quale ho assistito a tutta la scena, mi risistemo il nasone stropicciato dal lungo contatto con il vetro della finestra per aver appunto ficcanasato l’avvenimento, rientro cauta sotto la coperta per non disturbare il mio co-inquilino di letto mentre il piede impavido, dopo l’evento “ bora atto II”, intimidito mi dice:”Ora ,sotto le coperte, mi ci rimetto pure io”, dopodichè la casa ricomincia a russare.

SABATO PIGRO

La stufa sbuffa nella Stanzetta delle Meraviglie, mentre fuori l’aria ghiacciata riveste le pareti del bosco di un freddo blu scuro. Ma io voglio andare a vedere le stelle. Senza le luci accecanti della città, stando solo fuori dalla porta con il nasone infilato nel maglione caldo, se ne contano a migliaia. Da dietro la collina l’avanzo di luna piena non si è ancora presentato, e trovo nell’oscurità della prima sera un valido alleato. Le Pleiadi!Sì, quelle sono proprio le Pleiadi! E più in là a destra, a strapiombo sugli alberi nudi vicini vicini a farsi compagnia, la cintura di Orione.

“ Ufi, Ufi!”, chiamo io nella speranza di vedere passare qualcuno. Ma per me si mostrano alla vista solo aerei e satelliti, le stelle girate altrove.

“ Se non ci foste voi, non saprei che farmene di questo sabato pigro”, dico alle stelle, fisse e imperturbabili, completamente disinteressate a me e al mio sguardo di meraviglia.

Poi, silenzio.

All’improvviso, un breve bagliore. Forse è una stella che intenerita mi fa l’occhiolino.

Ancora un breve tremore, ed è di nuovo silenzio.

Ho capito, ho capito: oggi il cielo è restio al dialogo. Ma io, caparbia, non mollo. A guardar su è ginnastica per il collo, e il doppio mento si stende. “ Testa in su, SaraBillla, testa in su”, mi dico, “ e petto in fuori, a scricchiolare la schiena, perchè con la gobba e lo sguardo alla terra, le emozioni più tenerelle non volano. Continuo con lo stretching dell’anima, sotto il velo di stelle, mentre mi pare di nuovo, mi sembra mi sembra, che un’altra stella mi faccia l’occhiolino.

Così illusa rientro nel mio rifugio carino. Forse forse le stelle mi hanno fatto proprio l’occhiolino e già le vedo brillare su un nuovo collage. Le immagini affiorano come sogni dalle crepe della carta. Chissà come verrà!

CARTOLINA DI S. VALENTINO

Lei dice a lui:”Mi piaci”.

Lui dice a lei:”Perchè ti piaccio?”.

Lei dice a lui:” Perchè hai gli occhi tristi”.

E se ne vanno via tenendosi per mano.

A FEBBRAIO HO IMPARATO CHE:

non è mai troppo presto per le farfalle;

a guardare bene i crostoli mentre si friggono in padella ci puoi vedere mille forme, come se stessi guardando le nuvole. Per esempio io ho visto: un dinosauro e un cuore! E tu?

CIAO, CI RITROVIAMO A MARZO!