FIORITURE DI GENNAIO

INVENTARIO

Din-din-din, don-don-don, din-didin-didin, don-dodon-dodon.

“Ma, chessuccede?!!”, mi domando mezza sonnolenta tentando a fatica di riaprire le palpebre sbadiglianti dal pisolino della domenica pomeriggio. A mala pena intravedo in translucenza la porticina dell’Eremhome, quella piccina piccina. Dall’altra parte si muove qualcuno. Rotolo su un fianco, mi faccio leva sull’avambraccio, mi siedo all’indiana. Allungo il braccio verso la porticina, afferro la maniglia a forma di cuore, spingo dolcemente, e la porticina socchiusa mi introduce nel solito mondo di fantasia e sogno e, sognando fantasia, lo vedo: lui, l’orsacchiotto che porta via le Feste, il fanalino di coda di questi fantastici giorni tra fogli di carta velina e brillantini che hanno regalato tanta gioia e novità.

“ Le Feste sono finite, le Feste sono finite”, e continuando a dondolare il suo campanaccio da mucca di montagna procede fiero e vigoroso nella sua opera di strillonaggio.

“ È vero, le Feste sono finite”, penso io, “ ma hanno lasciato tanti segni del loro passaggio.

La domenica pomeriggio trascorre sul grande e accogliente divano della Stanzetta delle Meraviglie sotto una bella copertuccia calda e si rivela il momento ideale per fare un bell’inventario. Prendo carta e penna, quella indaco s’intende, e rivolgo lo sguardo verso l’alto a prendere ispirazione e a radunare pensieri. Inizio così a redarre un elenco di fine Festività Natalizie:

ricchezza di contatti e nuove relazioni,

tracce di scambi,

idee di opportunità

baci, abbracci, lacrime di commozione,

risate in compagnia,

incontri sereni,

auguri,

pace e riposo,

cibi deliziosi e dolcetti in giusta quantità,

mille stratosferici doni e una frangetta nuova di zecca che mi incornicia il viso sorridente.

Il tutto nella reciprocità, frangetta a parte.

Dunque, cosa manca all’appello? Sento che manca qualcosa. Rileggo l’elenco, sembra perfetto, eppure…manca qualcosa. Volo all’indietro, rimugino un po’…aaaaaaa, ecco, trovata l’assente!

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“ Una bella tazza di cioccolata calda con panna!”, esclamo ad alta voce e l’Eremhome, all’improvviso, zittisce. Fermo il torrente, immobile l’atmosfera, congelato il fuoco scoppiettante nella stufa di maiolica a fiori. “ Caspita! È vero!”, sento dire con aria sorpresa da una voce al di là della porta. “ Posso? È permesso?”. E dal grazioso portale si introduce delicatamente l’orsetto della fine delle Feste. “ Credi che ci sarebbe una tazza di cioccolata calda con panna pure per me?”, mi chiede l’orsetto con gli occhi spalancati e pieni di speranza. “ Sai, il lavoro di strillone della fine delle Feste è molto duro e impegnativo. Andare in lungo e in largo suonando energicamente il din-don di chiusura delle Feste è davvero stancante. Un sollievo per anima e corpo sarebbe quella cioccolata calda con panna, dico davvero!”.

Guardo l’orsetto teneramente divertita. Come dirgli di no? Ed entra nella Stanzetta delle Meraviglie impacciato e felice. Il profumo della cioccolata calda invade già tutta la casa. Il din-don della fine delle Feste per un attimo ancora aspetterà.

GENNAIO SEMPLICE

In questo gennaio caldo e semplice, le guide di lassù mi dicono: ” Continua a creare con amore”.

Mi dico che non possono essere sempre oro e stelline sulla corona, ma oggi, per fortuna, è ancora così, anche se non ho una storia da raccontare. Fino a quando non mi incontro con gli occhi azzurri del mio micio: mi fanno compagnia ricordandomi il ghiaccio che non c’è. Potrei farci un saltino in quegli occhi. D’altronde sono già entrata pressochè ovunque, nei fiori, nelle foglie, nelle gocce d’acqua della pioggia, nei sassi del torrente, ho parlato con le api, gli uccelli, il sole, la luna, i grilli, e ultimamente con la stella e con gli addobbi dell’albero di Natale, che un salto negli occhi azzurri del mio micio non sarà mica tanto difficile da realizzare. Allora mi concentro, guardo il sorriso della bambola che mi è stata regalata a Natale, ed entro. Non credevo che ci fosse così tanto da vedere negli occhi azzurri del mio micio, e invece mi si palesa una realtà da sogno. Questi occhi sono come una di quelle grotte marine penetrabili solo con il permesso delle onde.

Pieno di specchi ovunque, pieno di riflessi. Volte celesti, anfratti smeraldini, trasparenze cristalline, e scorci, e finestre, e archi, e altri scorci, qui più azzurro, là sfumato. Più entro e più mi perdo, più guardo, e più mi stupisco. Bellissimo. Un tunnel poi collega i due cristalli esterni degli occhi e , proprio come se fossi in una galleria sottomarina, nuoto tra un’apertura e un’altra, spostandomici attraverso. Ora sono con dei delfini, e sono tanti, e lassù affiorano aguzze rocce argentee.

Non penso mai alla morte se non come ad una vita da un’altra parte in un’altra forma, proprio come adesso. D’altronde è ciò che credo di aver pensato prima di scendere qui l’ultima volta. Fatico a svegliarmi, fatico a tornare, e in fondo, perchè dovrei!? Sono pur sempre viva anche qua, anche in questa forma, e mi piace.

Poi, non so perchè, uno strano suono, un po’ lamentoso, mi riporta sul divano, alla solita realtà. Metto a fuoco la vista, mi allontano leggermente, riconosco il mio micio dagli occhi azzurri, riconosco il suo miagolio. Che sia ora di cena? “ Va bene! I delfini però, non te li servirò!”, gli dico, e ci dirigiamo insieme verso la cucina.

RITARDI

Accoccolata nella noia di questo gennaio sonnacchioso, aspetto i grandi assenti dell’inverno: ghiaccio, neve, freddo.

Non so cosa aspettarmi da loro,e fisso guardinga oltre il cancello verso la cascata.

Un delicato brusio s’agita sotto il muschio. La grande regia è in fermento. Non sa che attori mandare in scena: il clima incerto fa da intoppo allo scorrere naturale del tempo. Una consulta è in atto.

“ Cosa dite, facciamo partire le cince?”, si ode da una parte.

“ Suvvia, no! Opterei piuttosto per dei bucaneve”, si sente dall’altra.

A tendere l’orecchio verso il basso, raso raso l’attaccatura dei fili d’erba e dei pungitopo, sembrerebbe quasi di assistere a un dietro le quinte di qualche entusiasmante prima teatrale. Un esordio in pompa magna con grandi ritorni di stelle affermate e nuovi volti in cerca di visibilità e successo. Per quanto il programma risulti però rodato, l’imprevisto, l’insospettabile, potrebbero tuttavia manifestarsi e sorprendere.

Un manipolo di progressisiti spinge per un risveglio anticipato della magnolia.

“ Follia, follia!”, il commento del gruppo-regia più conservatore, “Dopo il ritiro del ghiaccio, e che la discussione finisca qui!”, queste le ultime frasi che sono riuscita ad accalappiare tendendo spasmodicamente l’orecchio verso il suolo umido. E poi, più nulla.

Rincuorata sul fatto che anche per quest’anno il programma dello sboccio primaverile manterrà rispettato il minimo delle classiche tempistiche, chiuse le orecchie, apro gli occhi e li fisso curiosa verso nord.

Freddo-ghiaccio-neve;

ghiaccio-neve-freddo;

neve-freddo-ghiaccio.

Dopo l’accorato appello, mi pare di vederli arrivare dal bosco agghindati come si conviene. L’aria si muove, qualcosa sbuffa, ecco, ecco, forse, e con gli occhi sempre più grandi, fisso sempre più verso nord, oltre la cascata.

Ecco, ecco, forse…mi sa che mi sono proprio sbagliata!

NEVICATA

Quando, quando ho amato così tanto?!

Quando, quando, ho amato a quel modo?!

E dove, dove se n’è andato tutto quell’amore?

Si è trasformato. È cambiato. È un altro amore.

Succede la stessa cosa alla gocciolina d’acqua che vuole diventare fiocco di neve?

Quanto, quanto desiderio ha quella gocciolina d’acqua di indossare quell’abito candido venendosene giù dal cielo?

Anche lei attende il cambiamento, la magia di una notte immacolata.

E poiché le trasformazioni non si operano mai solo da sé, sul ciglio commosso di una nuvola blu-cenere, la gocciolina d’acqua attende il fatidico incontro. Basta un alito di vento, un freddo improvviso vestito di grigio-lamè, ed ecco che il miracolo accade.

Scende, scende la gocciolina, scende nel suo nuovo abito candido dopo che la nuvola, con un pianto, l’ha convinta a sporgersi e a cadere giù.

Scende, scende silenziosa e brilla sorridente.

La chiamerei quasi, ora che balla in bianco, così: fioccolina.

CARPE BORAM

Improvvisamente i miei miliardi di capelli, irrigiditi come spaghetti, si allungano verso nord, tirano,tirano, che quasi mi fanno ribaltare.

“ Arriva, arriva, eccola che arriva!”, dicono i capelli concitati mentre io a malapena riesco a mantenere l’equilibrio. Cosa sarà tutta questa agitazione? Pare strano che qui all’Eremhome ne debba sempre capitare una!

“Attenti, attenti, tutti nel cappello!”, continuano i capelli ancora più inquieti, e si intrecciano in uno chignon improbabile tuffandosi sotto il mio berretto azzurro. Da lontano percepisco uno strano sibilo, poi una foglia, poi due, poi cento, poi centomille che mi corrono incontro schivandomi all’ultimo per evitare l’impatto, e capisco che una bufera sta avendo inizio e che la bora me la sta recapitando a casa. Ora comprendo in un lampo la tensione dei miei capelli, sorrido un sorriso grande, apro le braccia al vento che così impetuoso non soffia mica sempre, e mi predispongo all’incontro. Salta la corrente, cade un piccolo albero in giardino, sale il tumulto all’Eremhome mentre volano foglie, cince e pettirossi che presi nel vortice sfrecciano davanti alla casa che se ne sta basita senza nemmeno riuscire a pronunciare un “ciao”.

I capelli tremano. “Ragazzi”, dico io, “non dovete essere così preoccupati! Questo vento, vedete, è un dono del cielo. Non è semplice incontrarlo, bisogna approfittarne, chè potrebbe smettere di soffiare da un momento all’altro!”. “Eh, sarebbe meglio!”, mi risponde un capello della frangetta che ha deciso di sporgersi assieme a un coraggioso ciuffetto di altri compagni fuori dal berretto per verificare lo stato di fatto. “Ma no, ma no, cosa temete! Cosa c’è da avere così tanta paura? Il vento è solo un po’ d’aria che va più veloce del solito, non abbiate paura!”.

“Ma, ma”, risponde il ciuffetto”, e se venissimo travolti e portati via? Già così la piega è andata a farsi friggere, figurati tu volare via chissà dove?!Dio mio che paura! Non ci vogliamo proprio nemmeno pensare !”. E si rintanano di nuovo sotto il berretto.

“Ragazzi, suvvia!”.Non è ancora arrivato per me il momento della parrucca, e, onestamente, mi auguro che non arrivi mai. Voi siete belli, sani, robusti e ben radicati in testa, con tutte quelle cure che vi dedico, e lo shampoo, e il balsamo, e gli oli profumati! Suvvia, suvvia, godetevi quest’aria che va veloce, mescolatevi con lei e con il suo profumo di neve e di montagna, fluttuate come alghe nel mare, volate e gioite liberi, divertitevi con me, giochiamo assieme!”.

Allora i capelli, finalmente convinti dalle mie parole, fiduciosi, accompagnati da un “ooooo issa!”, fanno cadere il cappello a terra, si sciolgono dallo chignon, cominciano a ondeggiare felici e impazziamo assieme alla bora, dono del cielo, che non si sa quanto durerà, che non si sa quando tornerà, e mentre canto :”Carpe boram!”, mi sento tanto Lady Lady Oscar!

FIORITURE DI GENNAIO

Che dire di questa fine gennaio all’Eremhome? Un gennaio semplice, che lascia spazio ancora per una piccola storia vera. Aspettavo infatti che l’amarillis rosa regalatomi a Natale sbocciasse finalmente nel suo piccolo vaso. Vederlo crescere ha rallegrato me e la Stanzetta della Meraviglie nelle giornate più buie del mese che ora si va a prendere undici turni di riposo negli anfratti delle colline circostanti dove, si sa, ci sono luoghi segretissimi appositamente predisposti proprio per accogliere i mesi appena trascorsi. Ma ora che l’amarillis sboccia, beh, è tutta un’altra storia, più bella, più grande, radiosa. Infatti si apre la prima trombetta, e una prima scintilla illumina la stanza, poi se ne apre una seconda, e c’è già odor di festa, poi se ne apre addirittura una terza, e da quel momento è una luce continua che si muove intorno ai fiori.

E la luce è talmente forte, talmente tanta, talmente pesante, che l’amarillis rischia il tracollo, e fa vivere a tutti un momento di seria apprensione. Inaspettatamente, dal mobiletto vicino alla porta d’ingresso, al grido accorato di “ Ti salvo iooo”, si tuffa impavida la renna Frida. “Eccomi fiore, eccomi, ti reggo io, non ti preoccupare, appoggiati a me, ti sostengo con il cuore!”.

E l’amarillis appoggia il suo gambo sul fianco sinistro di Frida che lo osserva dolcemente e gli sorride felice di essergli stata d’aiuto.

A sorpresa poi, al salto di Frida ne segue un altro, stavolta quello del suo compagno Sigfrid, che da bravo cavaliere non vuole lasciare la sua dama a sostenere tutto il peso della buona azione.

“Vigilerò assieme a te, mia cara,” e d’un balzo si ritrova sul tavolo a reggere solo con la forza di un suo corno l’altro pesantissimo stelo!

A far da corollario al simpatico evento si affianca anche la carinissima fata-coccinella che si auto-invita a partecipare calando un delicato segnale di attenzione, in tinta con i fiori ovviamente!

Ora quel punto della stanzetta delle meraviglie contribuisce a giustificarne il nome, mentre il lampadario dall’alto brontola sottovoce:”Non servirà nemmeno accendermi, qui ci si acceca tutti già così!”.

A me, che dal divano osservo la scena, viene proprio da sorridere. Strano posto, l’Eremhome, proprio strano, lui e tutti i suoi abitanti.

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Ora che gennaio sta per finire non resta che deliziarsi con qualche dolcetto fatto in casa e attendere l’arrivo di febbraio. Non ho dubbi a credere che ci saranno presto altre sorprese!