STORIE DI FINE NOVEMBRE

Adesso la cima rosa della collina si torna a vedere tra i rami del gelso e le poche sparute foglie oro che sono sempre le ultime a cadere. Un inizio di giornata di pigra poesia, ma una cinciallegra saltellante sul davanzale della finestra mi ricorda che oggi è un giorno speciale, di appuntamenti e di sospirate promesse. Da qualche giorno infatti il sole teneramente mi ha fatto intendere, pur senza forzare, per non sembrare invadente, che a una qual certa imprecisata ora del suo giorno sarebbe passato da me a casa all’Eremhome per una visitina amichevole. Ora, il sole, che io sappia, è metodico e organizzato, mira le latitudini e le longitudini, e sa bene quello che fa. Fidandomi del suo buon nome che porta lustro a destra e a sinistra e per ognidove, ho tenuto la porta della cucina così, un po’ socchiusa, non fosse mai che volesse presentarsi veramente. E a una qual certa imprecisata ora del giorno, proprio al suo scoccare, ho sentito un caldo tepore entrare con mio gran consueto stupore. “ SaraBilla buongiorno in questo buon mattino forse ancora un po’ assonnato, permesso permessino e grazie per avermi concesso una visita a un luogo di cui sento spesso parlare ma che, ad esclusione di qualche mese in estate, non ho davvero tempo di visitare. So che la luna ormai si è stabilita qui, e dunque la curiosità è aumentata, e una visita mi era davvero obbligata”. “ Grazie al cielo avevo già tutto apparecchiato!”, penso io fra me e me, io che per non far tutto di corsa avevo lucidato il servizio di porcellana, quello antico, quello donato, che ho cuore di tirare fuori dalla vetrina speciale del nonno, una vera cassaforte di tesori. E mi è risultata una tavola graziosa da mille e una notte, ma diversa, da mille e un giorno, direi quasi, con le zucche che vociavano ciarliere e curiose per l’inaspettato evento, e i melograni emozionati ai lati del corteo. “ Accomodati pure!”, dico al sole un po’ impacciata, mentre un raggio si insinua nella teiera e fa subito ribollire l’atmosfera. Io resto senza fiato, devo dire, di fronte a questo ospite inatteso. “ Presto presto!”, dice lui, un biscotto a cuore in velocità e di corsa, che più di poco non mi posso trattenere”. Ora io non so dire quanto sia durato il tutto, ma il raggio dorato, prima di sparire e di completare la magia, ha follemente impazzato su quel tavolo teneramente apparecchiato e che ora è pronto a dire a chichessia:” Rispetto, rispetto, ora son nobilitato!”.

FINE

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Astratta e distratta, alla fine di novembre, scrivo. Fra brillantini e carta di riso, al solito invaghita dalla bellezza del mondo, nasce questa storia. Mi ritrovo ora sul bordo del torrente orlato dal bosco padrone. Cammino avanti e indietro per un po’, finchè non mi sento la ciabatta pesante. A fatica sollevo il piede, guardo sotto, e ci vedo una foglia arancione attaccata a testa in giù sotto la suola. In sé la cosa potrebbe non essere così strana, dato che il giardino abbonda di foglie arancioni cadute dagli alberi del bosco padrone. Se non fosse però che questa foglia mi si mette a parlare. “ Che forza!”, esclama meravigliata. “ Che cosa?”, dico io che oggi non mi aspettavo che mi sarei ritrovata a parlare con una foglia, attaccata alla mia ciabatta per di più! “ Cadere”, mi risponde lei. Colpita dalla sua risposta, rimango ad ascoltare, percepisco che lei si vuole raccontare. “ Sono rimasta appesa alla quercia per così tanto tempo che adesso vedere il mondo da qua mi pare enormemente strano! Tutta un’altra prospettiva, tutta un’altra angolazione! E che dimensione! C’è un mondo quaggiù che chi se lo sognava!? Lassù era solo sibilo di vento e fruscio delle mie sorelle. Qui di suoni è pieno zeppo, è un frastuono di novità. E guarda quante cose si possono fare e ci sono da fare! La fotosintesi ormai, per la parte che mi riguarda, mi annoiava un po’ ”. “ Cara foglia, mi rallegro che questo tuo cadere ti abbia introdotta in un universo di novità, ma io adesso dovrei rientrare in casa e…sai…di solito pulisco le ciabatte sullo zerbino prima di salire dal giardino alla nostra terrazzetta rialzata”, le dico dolcemente per non ferire i suoi sentimenti . “ Nooo, ti prego, non farlo! Ho ancora mille cose da vedere, mille posti da scoprire. Non voglio ancora diventare humus, ti prego, non mi staccare dalla ciabatta, portami ancora a viaggiare nel mondo dei caduti!” Ed esprimendo questi pensieri, la poverina si attacca ancora più tenacemente alla suola, che a volerla staccare dovrei farle male. Il momento è impegnativo, e per un attimo davvero non so che fare. Ma ecco che da dietro ad una felce sbuca all’improvviso un riccio timido timido. “ Ci son qua io!”, afferma delicato, “ riccio del giardino specializzato nel trasporto orizzontale delle foglie cadute e curiose. Foglia, se vuoi afferra uno dei miei aculei, e ti porterò lontano! Una foglia d’acero mi aspetta alla prossima fermata. Potreste farvi un viaggetto insieme e approfittare della vostra reciproca compagnia. Poi me lo direte quando sarà il momento di trasformarvi ancora, e sceglierete dove farvi scendere per l’ultimo atto, per l’ultima caduta. Ma, amica foglia, ricorda: quando scenderai sarà solo per risalire, perchè questo ciclo è infinito, e del mondo di quaggiù non porterai con te grande memoria, e sarà di nuovo tutto alto, e tutto blu, tuo malgrado”. Dopo una pausa seguita alla dolcezza della spiegazione del riccio, la piccola foglia di quercia si fa staccare dalla suola della ciabatta. La ripongo delicatamente sul riccio, saluto entrambi, e li vedo ripartire alla volta della prossima fermata per raccogliere la compagna di viaggio sotto l’acero rosso. Li guardo allontanarsi verso la luce del tramonto, oltre il bivio del pioppo nero. Le foglie il tramonto, da quaggiù, non lo avevano proprio mai ammirato.

FINE

Caro lettore, cara lettrice, novembre finisce in bellezza e dicembre sarà tutta una sorpresa! A presto e grazie!