SARTA VIAGGIATRICE

Non tutti i viaggi sono uguali. A volte durano una notte, a volte molto molto di più. Quando durano molto molto di più, dimentico perfino da dove sono partita. Mi imbatto allora in una tempesta, non sempre, e quelle sembra non finiscano mai. Finiscono, invece, sempre, proprio quando non ne ricordo più l’inizio, e la tempesta è diventata solo l’ultimo luogo di partenza. Oggi sono ancora in viaggio, ma se guardo nella rete scorgo già innumerevoli sorprese. Vado, torno, ritorno. La rete contiene un paio di forbici. Mi servivano proprio, delle forbici: belle, lucenti, affilate. Ho fili da tagliare, trame da sfoltire, legami da lasciare andare. È così che devo fare per sedermi di nuovo sulla luna già rosicchiata su un lato, quello destro. Poi taglierò la rete che mi ha offerto le forbici. Poi butterò anche quelle. E sarò di nuovo sulla luna.

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LUI

“ Dai, su, racconta, racconta!!”, mi chiedono all’unanimità, occhi e bocca spalancati, tutti gli abitanti dell’Eremhome. “ Come è stato, essere ammalata…di lui…!”.” Io me la godo un po’”, penso fra me e me senza farmi scoprire dai miei amici. “ È stato…”, rispondo allora immersissima nel verde del bosco che si sfiora in alto con il cielo azzurro, “ terribilissimo e bellissimo! Terribilissimo per…la noia. La malattia, qualsiasi essa sia, dice al corpo fisico di fermarsi e conservare l’energia per la guarigione. Così non sono riuscita a fare niente, per giorni, neanche uno schizzetto anonimo su quelle belle tele appena acquistate. Anche se ho trovato un accordo con “lui” e per due giorni lunghissimi e faticosissimi mi sono affannata, perchè tutte le mamme meritano di ricevere un bigliettino di auguri nel giorno di maggio che le festeggia. Terribilissimo, perchè i sensi ci servono tutti per abbracciare la vita, e anche se uno o due, piccini, momentaneamente se ne vanno, si resta sempre lì a sperar che tornino, soprattutto quando certi fiori in giardino hanno l’abitudine di attirare le api con i loro profumi.

Ed è stato bellissimo: avere gli strumenti per separare la pula dal grano, e spalancare gli occhi a scodella quando il sapore del miele è tornato a riempirmi la bocca. Bellissimo prendere il viso dei fiori fra le mani,

accarezzarli, e sentirsi dire:” Per profumare, ti abbiamo aspettato. Buttaci il naso, in queste corolle bianche, che ti hanno atteso per il gran ritorno!”

E bellissimo, a rivedere gli iris dopo due anni, che non me ne aspettavo nemmeno uno, quest’anno ritti, in quattro, formosi, le braccia ai fianchi.

“ Ma non dovevate essere neri?”, domando perplessa. “ Dovevamo, sì”, mi rispondono, “ ma è passata la luna piena, una di quelle potenti, sai, e il nostro nero se l’è portato via, perchè ne aveva bisogno per il suo mantello nero d’eclissi”.

Poi, dopo una pausa, imbambolati nell’ascolto, gli amici dell’Eremhome si fanno di nuovo sotto, incalzanti, con le loro domande, e chiedono: “ E poi?, com’è finita, con lui…?” . Vorrei tenerli ancora un poco sulle spine, ma poi ripiego sul corto, e rispondo: “ Gli ho chiesto un autografo, perchè lui…è uno famoso. Quando mi ha restituito il foglietto, e ho letto, c’era scritto: opportunità.