DIARIO SPIRITUALE

DIARIO SPIRITUALE I

Quando tu, o lettore, affondi gli occhi tra queste righe, non pensare di leggere me, ma Lui Lei attraverso di me. Dunque così pochi occhi Lo La cercano? Tuttavia ascolto, trascrivo. “ Un modo carino di partecipare alla vita e di testimoniarla”, penso. Quando tutto intorno è burrasca, io vivo nel silenzio, ascolto, trascrivo. E questa voce che mi passa dentro, che mi attraversa, riempie ogni mio spazio, e io così gioisco. La sento fluire dall’apice della testa, poi scende, si insinua nei risvolti del maglione, prosegue pacata lungo il braccio, nella mano. La penna si muove. E io non penso. Assecondo. E il cuore si commuove a vedere, a leggere il miracolo che accade ogni volta che vivo nel silenzio, e ascolto, e trascrivo. Non so come ciò avvenga. “ Sei un’antenna”, mi dice l’edera abbarbicata al piede, mentre tento un incontro galante con il jasminum nudiflorum grondante di giallo. “ Non ti sorprendere”, mi dice l’edera, “ è la natura! Chi è foglia mutevole, chi verde serpeggiante, chi fiore palpitante. Tu sei di una forma che proprio sembra fatta apposta per la Sua voce. Quel bell’imbuto lì sopra la testa non può andare sprecato… “ Va bene”, dico io, convinta un po’ e un po’. “ E quella voce ti trapassa da cima a piedi che tu scriva oppure no, quando gorgheggi al sole, quando brilli nella pioggia, quando insegui con lo sguardo le goccioline d’acqua che scivolano sul vetro.” “ Sempre?”, chiedo io. “ Sempre”, risponde l’edera. E continua: “Per esempio, adesso, lo percepisci quel fruscio fra i capelli?”. “ Moderatamente, sì”, dico sollevando gli occhi verso il cielo. “ E allora approfitta, corri, corri in casa, dimentica il jasminum gravido di giallo e di fiori ricadenti, corri, corri, e scrivi, che non s’abbia da perdere nemmeno una lettera!”. E allora io, stizzita e ansimante a un tempo, mi dimeno un po’, tiro una strattonata e la rimprovero:” Certo che me la rendi difficile questa cosa, incollata come sei così al mio piede”. Qualche secondo di lotta ancora, e sono sul divano a scrivere.

DIARIO SPIRITUALE II

Io, quando prego, ho gli occhi chiusi. Ma non come quando dormo. La macchina interiore si mette in moto, lo strumento si accende. Dopo qualche scala di accordo, tanto per scaldare la voce, parte la vibrazione. Che storia fantastica! E infatti è proprio vera! Dal mondo interiore arrivano gli amici. Sapessi quanti delfini, quante balene, mi sono trovata a osservare passarmi orizzontali davanti alla finestra della stanzetta delle meraviglie. Devo dire che non ricordo di aver mai pregato così tanto, spesso e intensamente come in questo periodo, nemmeno da bambina. Mi sveglio pregando, mi addormento pregando, riposo pregando. E mi viene proprio spontaneo, mica mi sforzo. Ed è un piacere. Mi ritrovo anche con il viso fra le mani, neanche fossi un fiore incorollato di magia. In questa stagione può capitare di pregare così perchè magari ho freddo, chissà. Fattostà che sembro un bucaneve, con i miei capelli bianchi in testa, e mi sento un bucaneve, e i bucaneve che me lo sentono dire sussurrano divertiti a un passetto dalla superficie. E infatti non mi sono mai sentita così tanto in armonia con la natura da aggirarmi per il giardino illuminato solo da meno di una mezza luna. E il giardino, qui all’Eremhome, fa da ingresso al bosco. Le mie preghiere si riempiono di luce, risuonano come cornamuse, e non rimangono mai mai mai inascoltate. Se sono giuste, se sono vere, centrano sempre il bersaglio. A tempo opportuno. Capita poi, nell’enfasi, di ritrovarmi improvvisamente a pregare in compagnia. Un collega, dall’altra parte della collina, e poi un altro, laggiù in pianura, e un altro ancora, in riva al mare. Siamo tanti uniti in quella corrente che rinsalda il cuore e fortifica l’anima. Tante anime in una preghiera che diventa monocorde. Oooooh, che meraviglia! Mi risveglio dolcemente, ringrazio, butto qualche legnetto nella stufa, e tendo l’orecchio al sommesso tip tap dei bucaneve.