QUARTA DI AVVENTO

Scivolo tra i piani dell’essere. Ho indossato dei pattini fatti apposta per questo sport. Si tratta di uno sport dell’anima. Si pratica indoor, molto indoor. Ci si muove nel silenzio, e nella solitudine interiore. Ogni pesantezza va lasciata nello spogliatoio della materia, e si parte. Equipaggiata di leggerezza, inizio a pattinare. Nell’azzurro caldo e soffice del pensiero terso, più terso, incontro la prima di quattro lanterne fluttuanti. Tutto intorno è buio, ma un buio amico. La lanterna è accesa di una candelina, e la sua fiamma si muove appena. È un battito d’ali. A ogni battito una piccola onda di luce, a toccare e illuminare il buio amico. E i due dondolano, e si dondolano. “ Non hai paura di cadere?”, chiedo alla lanterna. “ No”, risponde lei dolcemente: “ aspetta l’alba, e in controluce vedrai che sono sospesa a un filo saldamente fissato a una trave. Non rischio mai di cadere, nemmeno quando il vento è più forte. Mani esperte mi hanno fissato lassù, vedi?, e io non posso cadere, e io mi fido di quelle mani. Siamo in tante qui a dondolare, vedi? Altre sorelle bianche si muovono nel buio amico, e così, a contarci, siamo quattro, quattro battiti, quattro onde di luce, ogni volta, ogni battito.”

“ Ooooh”, dico io, sorpresa. Poi la lanterna mi sorride, ci sorridiamo, ci salutiamo, e scivolo avanti. Pattino fino laggiù, e mi appare un cervo.

Anche lui mi sorride, accenna un saluto. “ Salve!”, mi dice amichevole, anche lui sospeso su un tappeto di muschio e costellazioni, “ cosa ti porta a scivolare fin qui?”. “ Non saprei”, rispondo timida, “ ci sono finita per caso, pattinando indoor tra i piani dell’essere”. “ Sport alquanto gradevole, a mio avviso!”. “ Rincuorata dall’accoglienza distinta e distensiva, azzardo un approccio: “ Come ti chiami?”, gli domando. “ Sigmund”, risponde lui con tono nobile e fiero, “ cervo della quarta domenica d’Avvento!”. E in effetti, sulla mostrina che porta sul petto, c’è scritto proprio così! “ Ooooh”, pronuncio io, sempre sorpresa, e lo saluto con un inchino, e scivolo via. Poi ancora un po’ volteggio piroettando e mi ritrovo nella stanzetta delle meraviglie, al cospetto di un magnifico albero di Natale. “ Ben arrivata!”, mi dice l’albero con tono vivace, “ complimenti per l’ultima figura, mi è piaciuta molto. La tua espressione sognante mi dice da dove arrivi e cosa stai facendo: pattini indoor e scivoli tra i piani dell’essere, dico bene?”. “ Dici bene, albero di Natale nella stanzetta delle meraviglie, e come mi conosci bene!”. “ Anche tu ti conosci bene, altrimenti non pattineresti così! Ci vogliono anni di esercizio per raggiungere questi livelli di pattinata tra i piani dell’essere!”. “ Caspita, mi sento lusingata! Pochi fino ad ora mi hanno riconosciuta quaggiù, sebbene non sia lo scopo per cui ho deciso di soggiornare nella materia”. “ Cara amica mia, non sono le luci a fare l’albero, quelle le vedrebbe chiunque. Se mi trovi magnifico, cosa di cui ti ringrazio, è perchè anche nudo, senza fiocchi, senza inganni, resto bianco e brillante, perchè sono bianco e brillante. Ne vedo di alberi in giro, ancora da formare: punte senza stelle, tronchi senza radici, e, a penetrare meglio la sostanza, risate grasse, lì, a tre quarti, e, a metà, gozzoviglie. L’albero, quello vero, è la struttura, non l’ornamento!”. Il rimbrotto mi arriva al cuore. Per un attimo non piroetto più, e rifletto su quanto lavoro ancora mi aspetti per essere anche io albero e non decoro. Un bell’albero, bianco, e brillante. Non faccio nemmeno in tempo a salutare che mi ritrovo nel letto, a piedi nudi: anche la quarta domenica di Avvento è passata, e suonano le campane del lunedì, la luce rosa sulla collina. E penso:” Farò del mio meglio, aspettando la vigilia. Quella notte, ripattinerò”.